Era una giornata di inizio Aprile con una nebbiolina davvero umida, e passeggiando per una bella città del centro Italia, uno dei centri di ciò che la storia chiama “Rinascimento”, fui costretto, mio malgrado, ad interrompere l’itinerario celebrativo più che turistico, a causa delle grida strazianti di un libraio che sedeva in una panca di pietra, a lato della sua libreria che aveva le serrande chiuse per metà.
Mi fermai.
“Non c’è niente da fare; non mi ascoltano”, disse il libraio. “Io li venero, peggio che con gli antichi dei, ma loro nisba. Anche oggi ho inviato le mie mail di preghiera e, a lei che è giovane, chiedo: mi diranno mai qualcosa?”
Io tacqui.
“Noo!” non diranno nulla! E vada, dico io, se a questo silenzio seguissero i fatti che tutti noi, i Librai della Buona Carta, di cui modestamente sono il vicepresidente non da un giorno ma da quasi più di quarantanni suonati! auspichiamo, invochiamo anzi che ci siano prima o poi… Qua è guerra totale, ed ogni giorno è più dura che mai”.
“Una guerra?” dissi io; “A me sembra – e indicai il flusso mite e rilassato di una qualsiasi giornata dell’anno fatta di buon turismo proveniente da ogni parte dell’intero mondo – che stiamo attraversando, almeno qua da noi, in Italia e in Europa, un discreto e non breve periodo di pace; prova ne è che molti investono in serenità e cose nuove”.
“Pace?! Gridò il libraio.
“Ma che dice, lei è un pazzo sognatore! Secondo lei, è pace con questi qui che ci bombardano ad ogni ora del santo giorno? Non ne posso più di questi cecchini maledetti!” Gridò il libraio, passandosi una mano sulla fronte secca, non madida.
“Mi scusi se le faccio questa domanda; ma a chi allude?” Chiesi con falsa ingenuità.
“Alludere? Questa è una realtà! Certo, dirà lei: non si vedono; certo, maledetti: state, state nascosti come gli scarafaggi! ma poi uscite… e – zac! Sono sfinito, non vede?!” Gridò il libraio che, rivolto lo sguardo in cielo, stringendo i pugni, disse: “Oh, Grandi Editori, fate presto! o grandissimo senatore Einaudi! fai qualcosa dall’alto del tuo memorabile cielo e della tua immensa sapienza editoriale, almeno tu! fate qualcosa voi che potete, Grandi, medi e anche piccoli editori, ve ne prego, e fatelo al più presto: stroncateli! A che serve fare delle recensioni negative come già fanno i vostri galoppini?”, disse rantolando. “Trovate dei nuovi spray disinfestanti! che quelli son diventati immuni e se ne infischiano di ciò che dice il competente, il giusto critico! Prima che questi scrittori indipendenti prendano il sopravvento totale su di noi: fate qualcosa!” gridò il libraio. “Noi amiamo il mondo com’è sempre stato; da destra e da sinistra, qualcosa di fisso ci deve essere, no? e questa cosa, non lo dico io ma lo sanno tutti, che è la cultura, la cultura che viene dalle regole editoriali buone e giuste, e che sempre hanno regolato il mondo, anche nelle epoche delle rivoluzioni sociali, perché anche lì era il buon libro, a tenere in piedi il senno delle armonie infrante, il libro confermato da chi di dovere, il libro fatto e selezionato come si deve, e che era stato capace di commuovere, come prima cosa, proprio voi, perché così si procede: prima i grandi Filtri del cuore comune: voi cari, carissimi editori! e poi, di seguito, tutta la catena dei mediatori; guai a saltarne un anello!; perciò, alla fine, tutti lo cercavano, proprio quel libro, ben curato, ben editato, ben pubblicizzato, e tutti ne erano beneficiati – ossì! – a leggerlo; e noi librai eravamo fieri e felici di recare, per ultimi ma non per questo meno importanti, ad ognuno, proprio quel buon pezzo di pane scritto e stampato come Dio comanda!”
Mi mossi, feci un bel respiro per prendere congedo da questa follia particolare, ma nemmeno troppo; ogni epoca produce desideri suoi propri e deliri che nascono dal ceppo delle convenzioni che ardono nel fuoco avanzante del nuovo tempo: e se l’impero della carta brucia, come taluni dicono, questi non sono né più né meno che gli effetti delle esalazioni di tanta, forse troppa facile brossura in circolo da tanto tempo, pensavo.
Il libraio, vedendo che dalla tasca della mia giacca usciva uno strano oggetto, di dimensioni grandi più di un normale telefonino cellulare, mi chiese accigliato che cosa fosse.
“E’ un lettore di libri nuovi”, dissi in tono allegro; “uno strumento molto utile; pensi: uno si porta la sua biblioteca ovunque va! Petrarca, forse, sarebbe stato molto contento”.
“Un maledetto deposito di ebook?” Sgranò gli occhi il libraio. “Uno di questi antilibro che usano i maledetti self nella guerra contro di noi?” Gridò ringhiando il libraio, cercando di sfilarmelo dalla giacca ma senza alcun successo. “Vada via! Via da me!” disse ancora, riprendendo a farfugliare le sue invocazioni dirette nient’altro che alle alte gerarchie dell’impero della carta…
Mi allontanai; volevo proseguire il mio giro; un sole leggero era uscito e creava bell’ombrosità lieve, sugli antichi selciati davvero memorabili di questa città rinascimentale del centro Italia. Mi avvicinai, passando per un vicolo molto stretto e ripido, ad un parapetto; da lì, era possibile una veduta ampia e sintetica di questo panorama sonnacchioso e primaverile: colli, alberi, coltivazioni, strade, stradine, palazzi, rocche… Indugiai per un po’ di tempo, pensando al libraio disperato, e alla cura di queste nuove follie, in fondo, tipiche della vecchia umanità, quella fondata sul ringhioso potere e ostile ad ogni cosa nuova, costretta a subirne l’inevitabile passaggio sottoforma di esautoramento, e non come espansione, e meno che mai come incontro.
Continuavo a guardare il paesaggio, lontano e in prospettiva, come un simbolo: la natura primordiale e l’antichità ben conservata, le nuove architetture, si fondevano senza alcun contrasto; il punto di congiunzione in cui vecchio e nuovo potrebbero incontrarsi per trovare nuova linfa rigenerante, e cura, pensai fra me e me. Così nella cultura, affetta da morbo di celebrazionismo, sempre impaurita di far brutte figuracce e di osare nuova figura, di assumere, come fa il Padre nell’alto dei cieli, “il nuovo figlio”, pensai, “l’impensabile”, pensai, che sempre è frainteso, qua, scacciato, messo in croce.
Scrittori indipendenti, i self; perché no?; editoria e moduli classici, perché no? dissi ancora: tutto ci sta… Questo è il nuovo tempo mutante e capiente… Tanto che, tangenzialmente ad essi, con l’ebook, ci sarà posto anche per il genio e la sua ricarica prospettica – la vera ricerca, l’eccedenza – mormorai, fra me e me, oscuramente.
Massimiliano Falcioni