Aeroporto. Molto, molto affollato. C’è polizia ovunque. Il febbrile viavai di un giorno di metà settimana, un pieno di razze, di popoli, di uomini, di donne, di bambini, di urla, di famiglie, di gruppi – e trolley delle più varie e strambe forme e dimensioni. Io mi siedo, i due posti – uno che è vuoto – e sì – qua c’era, ecco, è occupato? va bene, scusi e, allora, qua posso? questi due giovani neanche rispondono, la faccia sciagurata e un tono della voce di quelli della passione sporca.
“…Oh, mi chiede l’altro ieri, questo professore: che razza di roba è che hai in mano, giovanotto?”, diceva il primo giovane.
“Tu che hai risposto?”, chiedeva l’amico.
“Il solito, che gli vuoi dire, a questi arzilli: che considerasse, con più finezza, tanto si vantava questo decano delle cattedre coi suoi poderosi curriculum, la questione che stava sbeffeggiando: numero uno, il piano della lettura che muta, non è così?; la monopagina, al posto delle due, non è cosa da poco!”
“Cazzo, certo che non lo è! E’ fondamentale! – lo interrompeva l’altro – qui si danno per scontate sempre troppe cose che potrebbero fare la differenza sia dell’umore che della nostra stessa felicità: se fa sempre tutto schifo o se tutto è normale, beh, allora…”
“Eh, ma è così!….E’ l’uomo che è così – insisteva l’altro amico – magari cambia l’intero cosmo, oro dappertutto, e ci sarà sempre l’immalinconito di cui sempre parlano i nostri cari avi, che dice che tutto è uguale a prima, e continua a lamentarsi del tempo…”
“E’ da una vita che qua si legge con gli occhi che strabuzzano, qua e là, pagina uno, pagina due: o che fatica…! C’è il letto, la buona copertina tirata sui nostri sogni discreti… Adesso, invece, possiamo concentrare ben bene tutto in una monopagina, esplodere lì, una esperienza di primordiale lettura, come ai bei tempi delle tavolette cuneiformi, e rompiamo i coglioni a destra e a manca…”
“…E il signor Carteggi, poi, che ti ha detto, l’altro giorno?”
“Che vuoi che mi abbia detto: ha detto quel che dice ogni strafottuto abitudinario.”
“E’ il paradosso, gli dicevo io, cercavo di educarlo, non vede? la grande monopagina ammaliante ci porta avanti nel tempo, e indietro, fissandoci in questo presente mutante come non mai…E’ il contenitore che tutti si attendevano. Il contenitore rigenerante…. Prima del novecento, erano in cinque o sei in ogni città a sapere leggere, e adesso, sai che mi dice questo? di considerare che in Italia ci sono solo quattro milioni di lettori! Quattro milioni di stracazzo di lettori il nostro tacco unipede non li ha mai avuti! ”
“E con l’ebook la cifra crescerà enormemente… Infatti: di che ci lamentiamo? Dovremmo semmai vedere questi dati in progressione, fra 50 anni, tutti avranno scritto un libro….”
“… Il basso costo, poi, la cultura si diffonde, entra come auspicavano in tanti nel passato, entra nello strafottuto quotidiano, cessa di essere solo palco, cattedra e voti e si intromette nei nostri smartphone, guarda qua: prima di vederti, mi stavo finendo la Repubblica di Platone! Che figata!”, esultò l’amico.
“…E’ capitato con i papiri, poi con Gutemberg, e non è una cosa da poco: io dico che dovremmo essere coscienti che si tratta di un passaggio epocale, e che siamo non fortunati, dovremmo inchinarci e baciare l’epoca che ci è toccata di vivere…Te lo dico io: questo non è il migliore dei mondi, che è impossibile e che spetta ai poeti di utopizzare come si deve; ma è il migliore dei mondi che c’è mai stato! Sì eccome!”
“Già – disse l’altro – e come può essere brutto un mondo così: “tic, un polpastrello, e si cambia pagina!…”
“Il tocco, già…” disse l’altro.
“Il bellissimo e leggerissimo cambio pagina con un tic che è offerto da questo nuovo libro che ti permette di fare note, di mutare sfondi, di farli gialli perché se vuoi che ci sia il sole dietro la cosa che leggi oggi lo puoi fare, come puoi esportare il testo qua e là, spedirne stralci, diffondere a chi cazzo vuoi, insomma: sei libero! La palla spetta a te! Il libro digitale è attivo e chiama alla tua attività, ti inarca le competenze…Stai sveglio, oh, che sei vivo! Questo ti dice”;
“…E che dire poi della lettura vocale? Io mi son letto almeno metà del grande libro America di Kafka col robot “Frida”; hai sentito che cazzo di voce che hanno adesso queste stravacche di manichine vocali?”
“Già, io preferisco una voce così, che tante roche imposture degli attori radiofonici, sempre rassicuranti, senza alcuna perforazione, senza far vibrare l’interiorità… solo i soliti amplessi fra gelato alla panna, e rassicurazione e…. Sì, davvero, sai che ti dico? meglio uno stracazzuto di robot che una lettura da camino-villetta come quella che non ne posso più di sentire per radio, nei teatri, ovunque ci sia uno stronzo che interpreta solo per ricevere l’applauso!”
“Il fatto – continuava a dire l’altro – è che l’ebook, dove lo tocchi, suona nuovo… È il nuovo…”
“Il libro dei roghi – disse l’amico chiudendo gli occhi e ora quasi mormorando: lo stracazzo libro dei voti e degli zainetti, il libro degli arredi e dei depositi abbandonati, il fottuto libro dell’illusorio successo e dell’illusorio fallimento, il libro delle dipendenze e delle celebrazioni, gli strafottuti tomi del potere; quei cazzo di moduli del plauso e dell’autorità con cui si è fatta – e si rese vaffanculo tragica, confinata, compiacente – l’eccedenza creativa (il genio) base delle parole: hanno l’opzione rigenerante…”
“Cazzo se è vero! e dove la mettiamo appunto la possibilità del libro di distribuirsi in modo diverso – rispetto alle puttanate dei concorsi, falsi, contro cui già parlava il grande Baudelaire, queste cazzate messe in piedi per far della cultura una specie di sport di mentecatti e trasformarci tutti in ansiosi bambinotti che esultano: mamma, ho vinto, sono pubblicato! Vaffanculo a tutta sta merdaccia…”
“Sì, l’ebook è grande: ci sono nuovi modelli, oltre a questi da rodeo, e ad esempio…”
“Dici della bottega indipendente? uno entra e se vuole, prende il libro e poi…”
“Esattamente; adesso il poeta, o chi cazzo è, mette su la baracca per tutti i burattini come stracazzo decide lui!”
“Il diritto, in effetti, per la prima volta e sul serio, ora, è dell’autore…” Risa.
“…E la scarica? il download? Non so a te, ma a me fa venire i cazzo di brividi per quanta filosofia e fisica e non so che cazzo di altro c’è in un click, il territorio solito salta, è bypassato, si mette a soqquadro ogni cosa certa: lo spazio e il tempo, c’è Einstein, i confini sono capovolti e squarciati: il libro è ovunque disponibile, simultaneamente è in Africa, in America, e vaffanculo non so dove ad un fottuto lettore può venire la voglia di rompere questi cazzo di schemi e di comprarselo, l’ebook, di lasciarsi andare alla curiosità positiva e scoprire quella felicità che viene ad essere poi lui stesso promotore di un nuovo testo, un romanzo o che cazzo so: un transromanzo, una follia d’un innovatore come si deve, perché no? a tutte le ore del giorno e della notte, il libro digitale arriva, se lo scarichi…!”;
“Eh, già, l’ebook ci dice che lo spazio e il tempo sono come l’ispirazione che non conosce i confini degli Stati e dei regimi che hanno fatto la storia della nostra umanità fino alla seconda guerra, per i quali son morti a milionate…”
“Ma secondo me supera proprio l’ultimo confine, quello in cui c’è la morte di fatto degli individui ridotti a mansuete pecore, i confini della mente, che è la cosa più dura, da abbattere, quella mente convenzionale che oggi, pare, governi tutto il culturale con il Mi piace della ragazzina schifiltosa, che in fondo in fondo fa la sua smorfia normalizzante, anche dentro un barbuto critico tutto d’un pezzo …”
“E’ un libro ubiquo, l’ebook…” disse l’altro, scuotendo la testa leggermente. “Un non libro, un oltre libro, un libro che dice: guardate che è il testo al centro! Guardate, che non c’entra un cazzo il carattere, la copertina colorata… Garamond o che cazzo so come ti viene da farla la “k.”, Kafka è sempre Kafka…”
“Oltre il complesso di brossura!” esultò l’amico.
“…Già…E c’è anche l’eccezionale dote di custodire il sapere, per la prima volta potenzialmente senza tagli, creando nuove possibilità culturali, impensabili; ci pensi? Il libro resta, e… “
“…Adesso saranno fruibili anche tutti gli autori cosiddetti minori…Nelle librerie non c’era posto, il titolo vaffanculo dopo un giorno spariva – era bruciato!”.
“Hai detto autori minori; ma, scusami, cazzo: minori per chi?”
“Eh, appunto, vaffanculo a queste gerarchie del cazzo…”
“E ci saranno, anche, proprio i testi considerati minori dei cosiddetti autori maggiori, di cui si ricorda sempre il solito capolavoro, come se il resto fosse merda!”
“Infatti: come se di Picasso fossero restati solo “Le Manichine” di Avignone e Guernica e non tutta la sua smisurata opera, segno della potenza creativa…”
“L’uomo nuovo preconizzato da Nietzsche: l’uomo che vive creativamente, dico bene?”
“…Boh?!… Il fatto è che si apre una nuova era culturale, oggi, e pare inevitabile; viviamo in un’epoca mutante, non in una rivoluzionaria; la mutazione è inesorabile e non bada a togliere le impedenze per imporsi ma le assimila e crea nuove specie accanto a quelle che già ci sono, e che, forse, continueranno a restare: tutto da noi resta; a mio modestissimo stracazzo di parere personale, credo di più al principio della ricollocazione naturale, piuttosto che a una cazzo di selezione alla Darwin…Da noi tutto resta, solo cambia impatto.”
“Dì: sai in fondo che cazzo penso io, di questo momento storico ipertecnico? Che è come se la tecnica servisse tutti, oggigiorno, al mondo, ovvio; ma sottosotto, è lei, la scrittura, la più bisognosa, la cenerentola fra le arti, che la tecnica serve come non mai…”
“Mah… Tu dici? Io non so; di sicuro, il campo sociale e culturale col libro digitale si trasformerà di brutto! Questo mondaccio ne inventa sempre di nuovi, di lavori! Esisteva per caso un lavoraccio come il meccanico o come il dj, prima del novecento e del motore a scoppio e di questi cazzo di mixer?”
“Chi dice moda, per questo momento, non capisce proprio un cazzo di niente; poi tanto si dimenticherà, il detrattore, e anche lui sarà sul carro dei vincitori… Va beh: ma il fatto è che l’umanista si schiera dalla parte del reazionario, oggi, travestito da buon padre e da giusto; vaffanculo!…”.
“Vaffanculo a queste divisioni!…”, incalzò l’amico.
“Vero – disse l’amico – invece di cooperare… Qua si sta facendo sul serio, si stanno creando lavori e nuovi soggetti liberi… C’è una pressione, una radicalità, il sociale s’allarga… Altri ruoli… Ci si fa un bello squarcio proprio al petto di mamma Sofia Loren-società! quel realismo del cazzo, quel mondo sempre uguale – via!… per la scrittura, arriveranno nuove economie, anche…
“Lo voglio ben sperare!”, disse l’amico.
“E la scrittura in sé? Oh, dico: questo è il punto dei punti! Lo stracazzuto punto nevralgico principale! A me interessa solo questo: le altre cose le lascio ai sociologi del futuro, visto che ora nessuno sa dire un cazzo di sensato, di questa mutazione…”
“In effetti, la scrittura, non è mai stata così libera e potente: sembra abbia trovato proprio il suo strumento in grado di tracciare cose diverse davvero…”.
… Oh! il computer, certo, vero; hai visto che roba che fa? E’ la prima volta, nella storia della nostra cazzo di umanità, di noi minorati di coscienza, che i sacrosantissimi oggetti non occupano più uno spazio – questo mettilo a posto qui! questo lì! Calcolatrice, fotocamera, video, macchina da scrivere, telefono, calendari, vivaddio che cazzo di profluvio che c’è in un computer! mille altri oggetti che sono condensati in un unico compatto che li armonizza secondo funzionalità che ci ricordano la nostra ben amata stracazzo vaffanculo a lei, la nostra assurda, grandiosa psiche!…”
“Cazzo, è così! a saperlo bene usare, con questo strumento davvero psichico, invece di smanaggiarlo come se si scrivesse ancora a penna-calamaio, è davvero possibile romanzarla diversamente la nostra vita: e allora, se la storia personale può trovare, anche grazie alla tecnica, veri e propri aggiornamenti impensabili, nuovi punti di vista utili – oh, ma non si legge e si scrive per questo, poi, da che mondo è mondo? – allora, se è così: tutto cambia davvero, dico io…”
“… E’ incredibile, quel che si può fare oggi… E, cazzo, siamo solo agli inizi! Hai visto che si va oltre la riga? La riga, mi spiego?”; fece abbozzando il saluto militare alle tempie.
“Essì, la norme delle norme. La riga. Tutti, maestri spirituali, i più rivoluzionari creativi e studiosi della complessità, orientali e occidentali senza differenza, coloro che hanno additato all’infinità in mille modi e al cubismo del cosmo del nostro stracazzo di inconscio inconcepibile, alla fine, ne scrissero di questo mistero, ma non così diversamente dalle tesi di laurea che qualsiasi ligia ragazzetta può fare su di loro… Tutti bravi studentelli, tutti in riga: questo siamo stati! “ Risa.
“Sì, adesso, però, con questo cazzo di strumento del computer, col contenitore che è l’ebook, non so se ti è capitato di vedere: c’è la scrittura-a-strati, per quel che ne so io, una cosa impossibile prima di questi mezzi… Fine della riga, pare. Hai visto che roba che è questa scrittura piena di rumori? Non ci si capisce un cazzo: è una piena di errori che si strafottono di essere errori e che ci ricordano che la giusta parola, se ce ne fosse mai una giusta, non è mai perfetta; stop ai nazi-editor! non è così forse la nostra cazzo di vita? un caos che cerca eterno cosmo…”
“…Dici della stratifonia?”
“La conosci?”
“Poco ma so che c’è”.
“E pensa agli ipertesti! – diceva l’altro – L’inserimento di link che deviano la normale pratica di immaginazione, o le immagini, anche, o i sonori nel testo, insomma cambia la nostra stracazzo di fruizione vecchia e stravecchia…Finalmente adesso si farà un vero viaggio, e non vaffanculo la solita lettura sotto copertina…!”
“Ti dico io: l’ebook è un composto atomico: attenti! Un soggetto complessissimo e sfuggente davvero esplosivo”.
“Hai detto bene: Soggetto esplosivo: bum!”, fece con la bocca. Uno dei poliziotti bardati che sorvegliavano la fila del check-in, si voltò di scatto, guardando da dove provenisse il rumore.
“E’ incredibile, qua son tutti matti: improvvisamente – continuava l’amico con il tono di prima – gente che cazzo malediceva assieme a me il peso dei vocabolari che ci hanno devastato la schiena a scuola, ora fa la strafottuta lacrimuccia perché ne sente la mancanza!”.
“…Invece di esultare…! Che diavolo di genitori sono, infatti! per i figli dovrebbero volere il massimo: col digitale non ci sarà la scogliosi, come cazzo si chiama, la cifosi, che cazzo so, la lordosi insomma si sono messi ad avere nostalgia anche delle malattie.”
“L’ebook, secondo me, è un salto risanante, in quel senso, anche..”
“E già… Ma dimmi: il profumo; che cazzo aveva detto, giusto, quella badante culturale, l’altra sera, sentimentalizzando sul libro, di cui mi dicevi prima?…”
“Dai, basta! Non me la far ricordare, quella…Prima il balordo nostalgico, poi questa strabaldracca delle cattedre riunite…Tutte a me!” disse ad alta voce, con una impennata e un vero e proprio sussulto del corpo, tanto che la signora seduta vicino, che stava leggiucchiando un romanzo su libro con tutti i crismi cartacei, si stizzì, se per cortesia, disse, essì, che cosa c’era da urlare così da gran maleducati fanatici?”
“…Chi dice che il libro profuma ha il naso tappato o le allucinazioni olfattive!”, continuò incurante l’amico, senza guardare la signora. “Un libro su un milione profuma; gli altri strafottuti volumi puzzano di ospedale e plasticaccia industriale, quella che poi si rompe non appena apri il pacco”;
“E’ il feticcio”, rispondeva l’altro amico cominciando a fumare una e-pipa, mandando nell’aria un odore acre e dolciastro al contempo, un misto di coca cola e rum, davvero insopportabile.
“In che senso?” chiese l’amico.
“Un feticcio è qualcosa come un tappo accattivante”, disse avvolgendo in nuvole di fumo il suo viso.
“La solita paura del vuoto e dei nuovi inizi: dici che è così?”Chiese a bruciapelo, tossendo, l’amico.
“Dico-dico…”; disse l’amico, che, chiudendo la pipa elettronica, fece segno di alzarsi, cosa che mi colpì per la solenne, e forse esagerata lentezza con cui l’azione si compiva a dispetto delle loro parole, piene di selvaggia verve. I due amici si alzarono molto lentamente e se ne andarono trascinando, a spalle un po’ curve, due mini valigie bluastre, verso il loro volo.
Massimiliano Falcioni