Minula possedeva due doti da far paura: all’eccezionale bellezza fisica corrispondeva l’eccezionale dote poetica; e, dopo gli inevitabili periodi di conflitto, quando entrambe le qualità si saldarono, il tutto che ne risultò pareva appartenere più agli dei che agli uomini; incontrandola, si usciva non solo con le ossa rotte ma col cuore e la mente a pezzi. La modella più pagata del nostro mondo, messa a confronto con la bellezza di Minula – così atipica, anche come dire “difettosa” – appariva una rigida manichina senza alcuna anima; ugualmente, le migliori opere che vincono premi di qua e di là – come le mie, fino a non molto tempo fa – confrontate con la sua prodigiosa scrittura, erano come tante villette ben costruite, surclassate da queste pazze e devianti architetture degne di essere gli alloggi inconcepibili delle nuove divinità reggitrici di questo nostro mondo in mutazione.
Alcuni – i soliti saggisti – cominciarono a paragonare Minula a qualche personalità preesistita, traendo esempi dal passato glorioso fatto di donne ascetiche e di sante religiose e eroine sacrificali, e per la verità, sempre di troppo poche artiste capaci di soffiare forte come gli uragani – di essere polmone rigenerante della propria epoca. Minula era unica. Non era né santa né devota ad una qualche divinità che non fosse la sua libera potenza creativa. Era unica per ritrosia e esibizione. Unica per determinazione e per coraggio. Unica per sofferenze memorabili, quelle che vengono restando aderenti al proprio compito, senza compromesso. Lei sfoggiava questo “patos di dedizione” nei suoi scritti, come marchio di verità: il viaggio dei viaggi, il viaggio oltre i viaggi portato a compimento – eccezionalmente! – da una avventuriera del Mare Altro: da una donna. Io ne rimasi folgorato.
L’unicità, ciò che eccede, non riesce ai giorni d’oggi ad andare molto più in là dei cartoons dei supereroi o delle imprese sportive. L’eccedenza non è un fatto culturale, non più, se mai ci sia stata. Per questo, il mondo dell’editoria non poteva accogliere una come Minula; né lei lui.
Io incontrai Minula nel periodo in cui la sua opera aveva già fatto ciò che doveva fare, e si presentava nell’unico modo in cui poteva essere. Minula non aveva case editrici alle spalle. Si era ben autoorganizzata. Aveva costruito una bottega letteraria tutta sua. Tutta la sua opera la custodiva con cura e la diffondeva in ebook. Attraverso questo sito-bottega, Minula sfidava concretamente le ere del patriarcato editoriale, i suoi tarli selettivi, le sue presunte competenze, le deleghe dei diritti, i miti del successo e del fallimento, e insomma, quel potere derivato in gran parte da questo semplice fatto: prima della rivoluzione digitale, questi “gruppi”, erano gli unici a permettere “la cosa”, il libro, e a dettarne le leggi e a pilotarne i gusti.
Minula aveva colto al volo l’aria del nuovo tempo. Aveva avuto il coraggio della felina che difende i piccoli e crea per essi l’habitat più giusto, usando il web e la scienza informatica per cose molto, molto antiche, senza tempo: nient’altro che per il destino della parola scritta. Dal primo titolo all’ultimo della sua grande opera – grande, sì! – Minula presentava il frutto della sua dote senza tagli e senza censure, tutta insieme. La sua opera rivoluzionaria era offerta al pubblico secondo un patto sociale, con un prezzo a lei riferito. Anche il prezzo dei suoi ebook, sapeva di rivoluzione. Senza mediatori, il diritto dell’autore non era un eufemismo, con Minula. In poche mosse, Minula aveva dato una svolta alla cultura, dal testo al progetto. A me personalmente, aveva fatto capire che si poteva essere e agire diversamente dal solito. Mi aveva fatto capire che si poteva essere se stessi più a fondo, fino in fondo.
A partire dalle sue ispirazioni, così violente, aggraziate, complesse, così spregiudicatamente avanzanti, Minula aveva modellato qualcosa di strano e semplice al contempo, di profondo e eversivo: un nuovo modulo per il libro, mescendo ciò che c’era da mescere, come è possibile solo sotto una superiore ispirazione, e non con la propria forza di volontà, per quanto superba o inflessibile possa essere. Chi parlò dicendo che era manager di se stessa, o che era una “self”, coglieva solo verità superficiali. La sua bottega di ebook trascendeva le metafore manageriali e alla moda perché riguardava la scottante vita della letteratura che non può mai esercitarsi come un normale affare del mondo. La poesia, la prosa, il teatro, con Minula, tornavano cose grandi e sacre. Quello di Minula era di più di un “progetto riuscito”. Ripeto: era un nuovo modulo in atto, un vero e proprio salto, un mito nuovo, l’alternativa radicale nel mondo delle lettere; e che si proponeva così, tranquillamente, silenziosamente, senza quasi nemmeno proporsi; con un battage pubblicitario pressoché nullo. Con la sua bottega letteraria, Minula non era più dipendente da nessun potere, piccolo o grande che fosse. Lontano dall’antologico, lontano dal concorsiale e fuori da ogni platealità spicciola, Minula poteva tessere la sua azione fondatrice e generare nient’altro che un tempio letterario, qualcosa che esaltasse il percorso alla radice, quel tipo di vita umana possibile e rara che è stata quasi sempre sottovalutata e impedita o, al contrario, idealizzata e proiettata in qualsiasi luogo tranne che nel proprio presente: la vita creativa, la vita poetica.
Lessi con avidità, curiosità, stupore, confusione e piacere immenso, si può dire tutto ciò che Minula metteva in vendita nella sua bottega di ebook. Lì, nella bottega di Minula, si poteva osservare, attraverso il nuovo libro digitale, l’arcaico modulo usato dagli artisti e dagli artigiani del nostro mitico Occidente, riversarsi nella letteratura di oggi: una poetessa-scrittrice che apriva bottega on line!! Che sublime assurdità!! Recare la propria eccedenza creativa al mondo; che grande cosa!! Non finivo di riempirmi il cuore di stupore. Una rivoluzione di tale portata proveniva, questa volta – forse per la prima volta nella storia umana – da una donna, per di più singola, tutta sola. Non era una delle tante rivoluzioni di costume. Era una strana rivoluzione, quella che compiva Minula. A pensarci bene, non era nemmeno una rivoluzione perché non uccideva nessuno per portare se stessa e dare la sferzata giusta alle cose che ristagnavano. Una rivoluzione che non va contro nessuno, è mutazione; e i nuovi strumenti avevano permesso questa mutazione, con semplicità, facendo sì che la sua propria sostanza ci fosse né più né meno di come è scritto nelle leggi della natura. Con Minula, la legge della genialità si imparentava a quella di una pianta, che c’è, scende in terra e sale in cielo senza chiedere il permesso a nessuno; questo capivo che era molto giusto e che era mancato e che ora c’era.
La voce che avevo sentito quando la contattai la prima volta, di sfuggita, era dolce e corposa come forse solo il poeta Omero riuscì ad immaginare e donò alle sue divinità al femminile, nei viaggi mitici di Ulisse. Di persona, la vidi ancora più di sfuggita, una volta sola ma ciò fu sufficiente. Ero frastornato, confuso, e, al contempo, il cuore mi scoppiava, in una piena di slanci irrazionali. Non sono, questi slanci senza una direzione precisa, la base che trasforma l’uomo in una bomba di destino? Ero innamorato.
Prima di fare qualsiasi altro passo, decisi di leggere ogni cosa, tutto e proprio tutto di ciò che Minula metteva in vendita nella sua bottega di nuove lettere. In ebook, l’acquisto è diverso dalla compravendita solita: tutto è velocissimo. L’ebook è un oltre libro, e se ne infischia delle impedenze dei luoghi fisici! Essendo ubiquo, un libro digitale puoi comprartelo ovunque sei. Scaricai ebook su ebook scritti e editi da Minula, utilizzando qualsiasi piattaforma fosse disponibile. L’importantissimo acquisto poteva avvenire da smartphone o da tablet o da computer fissi collegati alla Rete ed eseguivo il piacevole download, che presentava ogni tanto qualche normale inceppo, non appena mi prendesse la voglia di leggere ancora qualche titolo che non avevo. Li comprai tutti, i suoi ebook, mentre giravo all’aria aperta, fra le vie di colline e in montagna, al mare, o al chiuso, dentro ristoranti delle più svariate città, sottraendomi alle noiose cene, e anche scaricando suoi nuovi ebook in aereo dove non si potrebbe, e da casa mia, o da amici, a cui celavo e al contempo morivo dalla voglia di mostrare che cosa si potesse mai trovare scritto proprio oggi, nel mondo delle copertine tutte uguali, nel mondo dei polizieschi e dei successi dei best-seller, quello che, fino ad allora, era stato, poi, di fatto, il mio mondo.
“Rilassati, sei né più né meno che un autore di buon successo”, scherzava il mio editore, lui stesso buon best-seller di anni prima. I miei titoli erano andati benone ed erano serviti da canovaccio per creare serie note di film e telefilm, e soprattutto, di cartoni animati, segno che potevano piacere a chiunque e a tutte le età. Erano, dunque, per questo “universali” come qualche amico critico scriveva nelle prefazioni dei miei libri? Assolutamente no. Due libri, però, va detto, sbancarono davvero. Si trovarono improvvisamente, più o meno ben tradotti, in tutto il mondo. Chi non si ricorda di Nomi di Persone, e di York, Fratello Cane? Dopo questi successi, passavo più tempo nella gestione di esso, il grande idolo del Successo!; passavo più tempo a tenere relazioni, preparando conferenze su un qualche tema sociale da esporre in ogni parte del mondo; passavo più tempo a smistare denari e applausi – che a studiare e a scrivere nuove cose. Trovare gli ebook di Minula fu un richiamarmi all’ordine. Mi portò indietro negli anni, quando non sapevo che cosa fosse fare una storia o una poesia, quando scrivere è un sogno puro perché proibito.
Ovunque la mia vita mi conducesse, portavo con me i libri in ebook di Minula, immediatamente accessibili. La monopagina, che è uno dei segni contraddistintivi del libro digitale, mi concentrava come non mai, e come non riuscivo più a fare col buon vecchio libro di carta. Le due pagine mi stancavano, l’occhio presbite per l’età perde tempo, va qua e là, affannato nello stropiccio di pagine su pagine. E poi il peso del vecchio libro, “fardello dei viaggi”, come lo chiamavo. Ora, invece, aprivo un qualsiasi lettore digitale e affondavo tutto me stesso nei lunghi tomi leggeri di Minula, privi di ogni peso e di ogni retorica, e concepiti andando al di là di ciò che io ritenevo fosse possibile scrivere fino a quel momento. Erano libri in possesso di quell’unica qualità che rende la finzione di ciò che si scrive più vicina alla vera realtà di ciò che ci si illude di vivere. Di cosa sia fatto questo vero nocciolo esistenziale – pensavo – lo sanno solo gli uomini primitivi e gli avventurieri ignoranti, ma loro non lo sanno dire; lo sanno forse anche i barboni, ma non vogliono dirlo a nessuno; lo sanno i comatosi ma non riescono a dirlo; e lo sanno quasi tutti i folli ma lo dicono come se non lo volessero sapere più, perché è intollerabile la grandezza, il paradossale oscillare fra bellezza e orrore che c’è in ogni centimetro quadro della nostra terra e del nostro cuore! Questo traboccava dagli ebook di Minula. E questo divenne la mia realtà.
Che cos’è, di fatto, un libro? E’ testo. Cos’è, di fatto, un testo? E’ anima, o, forse, l’inaudita congerie di anime che ardono dall’unico luogo disinteressato che c’è al mondo, a guardia dei segreti. Negli ebook di Minula non c’erano i codici che marchiano il libro come una bestia da macello o come una merce da supermercato. Né si trovavano, a inizio ebook, quelle citazioni più o meno ridondanti di cui sono zeppi i libri di ogni autore come si deve, e come lo erano i miei. Non c’erano prefazioni drogate, e ciò mi stupiva. C’era l’immagine d’inizio, solo questo. Questa immagine, era somigliante a qualcosa come un quadro astratto o informale, una specie di involucro, che sapeva assai poco della solita copertina: e poi c’era il testo. Sentivo che lo stesso design concepito da Minula per tutti i suoi ebook era più vicino all’essenza della scrittura e delle cose, che ama andare al punto e non ama compiacere. Ovunque fossi, aprivo il lettore e la leggevo. Tenevo Minula sempre sul palmo della mia mano. Non potevo più farne a meno, di lei. Concentratissimo e abbandonatissimo, continuavo ad iniziarmi al suo mondo.
Per un certo tempo, vissi nello spazio fantasmagorico creato dalla monopagina dei libri di Minula. Mi si spalancava un vero e proprio paesaggio magico-magnetico, davvero unico. Non è questo il miraggio che in molti avvistano in un nuovo libro che poi non è così unico quasi mai? Amando follemente quella scrittura, realmente diversa, l’imperfetta perfezione di quella scrittura superiore, fui catturato dal suo enigmatico splendore e dalla sua aura di profondità, di humor e di saggezza, quella che se ne restava ben al di fuori delle tonalità sapienziali tipiche dei libri più impegnati. Gli ebook di Minula non erano impegnati, erano ispirati! Immergendomi sempre più, come scrittore, nel vulcano liquefacente di quella scrittrice, si innescò naturalmente il processo di rifusione della mia vecchia identità. Mi ritrovavo oltre un ruolo. Ero oltre la maschera professionale dove, al massimo, si ammicca a se stessi. Ero nel fuoco ardente della metamorfosi, quella narrata e forse auspicata come panacea di tanti mali, dai grandi autori del passato.
L’ebook è un ricco paradosso: addita al nostro domani, pensavo; al contempo, la monopagina rettangolare e rigida di un qualsiasi lettore digitale rimanda all’antichissimo modulo delle tavolette d’argilla in cui l’umanità agli albori si incuneò scritta. L’ebook è sia futuro impensabile che ritorno al più arcaico passato. E’ una sintesi, un tunnel di nuove cose che riportano al punto in cui ebbe inizio tutto quanto.
Sentivo che un cerchio si stava per chiudere. Pazzo di lei, infuso della sua parola frastornante, compresi che dovevo agire. Era il mio momento; e così feci. Leggendola, mi ero trasformato, ed ero un altro scrittore, capace di altre storie. Di conseguenza, mi sentivo capace di riindirizzare anche la mia, di storia. A che serve, altrimenti, un libro se non ti trasforma in toto? Un libro che emoziona e commuove e non muta niente e nessuno, è un inutile arredo. Il vero libro crea connessioni – e disconnessioni – impossibili prima di leggerlo. Il vero libro è istigatore e propagatore di nuova mente. Mi accorgevo di pensare alle cose come non avevo mai osato neanche immaginare. Mi sentivo pervaso da una forza diversa e che definii, aiutato dalle stesse espressioni che comparivano qua e là nei testi di Minula, “forza psichica”. Un giorno, finito di rileggere l’ultimo ebook di Minula, feci questa considerazione. Fu un penoso ma decisivo pensiero: “La coscienza attuale – appuntai – tarpa il suo potenziale senziente. Non vede per allusioni ma per illusioni e comandamenti. Il vecchio e stanco letterato, sotto la copertina, deve essere imboccato da pappette come un infante da svezzare. Come nei Regimi oramai passati, l’attuale letteratura ha bisogno di moine armoniche, per tentare di sopravvivere al mutamento inesorabile: le belle frasi e i buoni contenuti – i nostri amati polizieschi! I romanzi d’amore! I romanzi di critica sociale! Ma la scrittura deve fare altro. Cos’ero io stesso, fino ad ora, se non uno di questi imbonitori dello “stucco umano”, un esperto di intonaci popolari nel bel mezzo del tumultuante fiume del Tempo che tracima? Cos’ero, se non un mediatore di un successo i cui scritti additavano all’insieme di immagini docili più o meno come lo sono i pensieri facili dei filosofi da festival, entro cui si ricrea tutt’altro che lo spirito necessario, ma il regno della normalità che lo usa per i suoi scopi estranei al Fine che ci eleva sopra i nostri curricula? Ogni Regime del passato, istituì palazzi che riflettessero la propria potenza, la potenza di nazioni e chiese che si autoproclamavano zenit in terra. E la scrittura e lo scrittore dovettero curvarsi a tutto ciò o sparire. Molti sparirono da soli o furono fatti sparire. E’ stata la nostra Storia Culturale. Non ce n’è stata un’altra. La nostra Storia Culturale è questa. E, allora, è per questo che si scrivono così tanti romanzi-da-camino e poesie-villetta, e non si ricerca più davvero? Sì, può essere questo il motivo. E’ forse la paura di essere messi al rogo o al bando, il motivo occulto di questo spaventoso conformismo? Sì, è così. Tutto ciò che era contrario al Potere eccitò guerra, odio, repressioni, esclusioni. Ma ora, che siamo lontani da tutto ciò – siamo veramente lontani da tutto ciò? – che cosa significa scrivere? Significa ritrovare i sedimenti di quella Storia Tremenda nei geni e nel sangue, in ognuno di noi. Scrivere significa capire, ancora una volta, che cosa è stata quella Storia Collettiva nei termini di una svolta. Se la nostra storia fu questa, non sappiamo quale sarà il nostro futuro. Scrivere non significa altro che fabbricare attivamente la nuova epoca”.
Ogni frammento dell’opera di Minula, parlando dalla prospettiva oltraggiosa di una libertà realizzata – da lei e dalle sue scritture e dal suo progetto! – rammemorava la nostra malattia, quella di essere piccole pedine di un ordine imposto. E ne era, al contempo, cura. Questa nuova scrittura, aveva l’ardire di compiere tutto ciò che poteva compiere, realizzandosi tutta quanta qui. Titolo dopo titolo, le sue parole invertivano il marchio dispotico della sottomissione e della posticipazione che ogni scrittore e uomo ha in sé. Io, fui risvegliato, poco a poco, da uno stato sia di torpore che di imbecillità – era paura e terrore inconscio! – e quei libri mi indicarono quello che pensavo fosse la vera anima, se ha senso dire così – e trovavo che aveva solo senso dire così! – quell’anima vera che vuole le forme che riflettono solo e soltanto la passione dirompente, i flussi che disgregano il palazzo della celebrazione perché la sorgente primordiale che invita a suggere anche da un mutilo pilastro l’inusitato zampillo della vita, non ne ha bisogno dei format di potere, fosse solo il potere della nostra coscienza, schiava oggi del Mi piace. Niente frasi e versi ben fatti. Niente edulcoranti e sentimentali storie di vita di tutti i giorni. Solo stili e contenuti deviati dall’ispirazione pura.
Per imprimere meglio le nuove intuizioni, insorte dallo sprofondare sempre più negli ebook di Minula, utilizzavo una bella funzione dell’ebook, davvero utile, davvero ordinante: i taccuini di appunti digitali erano perfetti al mio scopo. Scrivevo le mie note direttamente sull’ebook in lettura. Le ispirazioni, altrimenti, si sarebbero volatilizzate – pensavo – come aerei di carta lanciati da una finestra per un gioco di ragazzi.
Con furia, rimaneggiai quanto avevo concepito fino a qui, nella mia scrittura comoda. Per fare questo, mi feci pilotare dalla voce udita quel giorno indimenticabile, quando sentii Minula direttamente, e da quella trasognata che costituiva il mio ricordo più grande: la mia immaginazione su di lei. Quasi senza accorgermene, preso da odio misto a pena verso ciò che era stato applaudito – il disgusto verso me stesso! – alterai, cambiai, stracciai e ricreai in toto i miei libri di successo. Cancellai, sovrapposi, aggiunsi, tolsi, rifusi, agganciai pagina dopo pagina di tutto ciò che avevo scritto, nel modo che mi sembrava oramai inevitabile, quello che proveniva dal genio di Minula. Usai ogni procedimento tecnico che il nuovo strumento per la scrittura permetteva, il computer, lo strumento che dava forma e ritmo al mio destino. Rileggendo i nuovi testi siffatti, ero estasiato: nessuno aveva scritto così eccetto Minula! Il fatto è che volevo giungere il più in fretta possibile da lei. Scrivendo in questo modo, salivo nel suo anomalo paradiso e vivevo in quell’altura selvaggia e sofisticata. Ma per poterla conquistare davvero, trovai indispensabile dovermi sottomettere ad ogni cosa creata da Minula. Oltre al suo modo di scrivere, feci mio il suo modulo di diffondere e custodire gli scritti, che trovavo più nobile, giusto e necessario di qualsiasi altra gestione del libro fin qui praticata. Sotto questi pensieri ardevo e sognavo il grande giorno, quando avrei incontrato di persona colei che aveva suscitato, con potenza e da lontano, come la più antica delle Muse ispiratrici, la rigenerazione totale della mia vita.
Sia chiaro, per cambiare davvero, c’è bisogno di mettere a soqquadro non una ma mille cose. Le relazioni inutili si troncarono da sole, come per magia. Ogni cosa che rappresentava il mondo dei libri di successo, quello che non riconoscevo più – proprio come accade, poi, vuoi o non vuoi, naturalmente a quasi tutti gli autori di successo – scomparve nel nulla senza lasciare traccia. Trovai campo libero e mi isolai senza accorgermene. Approfittando del lato duttile e della vocazione di poter essere ovunque che ha il libro digitale, decisi di far viaggiare i miei nuovi libri. Io non viaggiavo più. Con crescente entusiasmo e fiducia, mi dedicai a quello che chiamavo “il culto dello stallo”. Lavoravo al computer e attendevo. In poco tempo, convertii tutto ciò che avevo riscritto nei formati digitali, dando in questo modo anche io il brivido dell’ebook alla mia scrittura che aveva conosciuto solo i sogni sotto copertina. Li misi in vendita a buon prezzo come aveva fatto Minula. Più o meno simile alla sua, aprii una bottega letteraria, questo unicum storico. Solo e senza mediatori, fuori dalla vecchia editoria e dai suoi canali di distribuzione, quando fu venduto il primo ebook chissà a chi, provai l’ebbrezza che nessun grande numero di vendita aveva saputo mai darmi; senza nessuna recensione e nessun commento, nemmeno quelli che usano le nicchie culturali per darsi sostegno l’uno con l’altro. Fu una muta vendita, senz’altro effetto che questo; ma per l’appunto…: che vendita!! Ero entrato in un modulo nuovo, laddove finisce la logica della commercialità plateale, e si traccia, nell’umile anonimato di una percorrenza silenziosa, quello che chiamavo “la diffusione in esistenza dell’opera”.
Dopo un anno di lavoro folle e metodico al contempo, fui sufficientemente pronto e le scrissi una e-mail appassionata. Invitavo Minula all’incontro. Lo sentivo così forte da definirlo “incontro epocale”.
All’incirca dopo nove mesi, ecco quello che mi scrisse Minula – il che mi gettò nel panico, costringendomi a scrivere mail su mail e articoli pubblici in cui spiegarle, in cento modi diversi, l’assoluta mia buona fede!… – “Pensavo (speravo) fosse lo scherzo di un ammiratore, e invece il cavolo! – ammiratori non ne voglio e non ne ho!; ho appurato che lei pubblica ciò che ha scritto e di cui ha la sfacciata impudenza di inviare qualche esemplare proprio a me, “sua fonte”, dice. Non so perché, e non mi interessano i mezzucci di voi uomini: il fatto è che lei, mentre elogia la mia libertà e la mia purezza, copia di sana pianta dai miei scritti senza alcun pudore, e non c’è alcun rinvio a questo ignobile fatto perché i suoi ebook (i miei testi, i miei cuccioli!!) lei li mette in vendita, e la fonte – io, la Madre!! – della sua ispirazione nonché del suo progetto di bottega letteraria, non compare mai, visto che c’è sempre e solo il suo nome e cognome in bella mostra. Lei mi chiama la sua Musa. Ciò danneggia la mia immagine, ponte alla sostanza. Che vuole da me? Tutto il mio lavoro è minacciato dalla sua identificazione morbosa. I miei cani, lupi neri, là verranno presto”.
Massimiliano Falcioni